L'epoca del ritiro. Terza parte: paralogismi, euristiche, proiezioni

 Cominciano dalla proposizione: "Se hanno aperto le discoteche, figuriamoci se non si possono aprire le scuole"; è un paralogismo o un sofisma? propendo per la seconda ipotesi, ma, in ogni caso, è un ragionamento sbagliato, una dabbenaggine. Come se si dicesse: "Se ho guidato a fari spenti l'altra notte, allora posso farlo sempre". Il paralogismo in  questione però, sottintende una strategia che si basa sulla negazione, in senso psicologico, del rischio e sulla pretesa, che in epoca di pandemia, tutto debba comunque continuare come prima quando la pandemia non c'era. Sono molti gli interessi economici che spingono in questa direzione anche a costo di sacrificare qualche vita (tanto più se di anziani), ma credo che la chiave risieda anche in un percorso di evitamento psicologico, una negazione ma, a tratti, anche un diniego che attraversa vaste fette del sentire comune. Non accettiamo la pandemia, non vogliamo vederla e, quando anche la vediamo, cerchiamo di negarne gli affetti: la descriviamo come innocua, diffondiamo l'idea che la gente muoia con il Covid e non per il Covid, fingiamo di sapere che tutto con l'estate, finirà, che il virus si sia ormai indebolito. Abbiamo bisogno di pensare che la nostra vita, fatta di incontri, di amore, di gioco, di contatti e anche di spensieratezza leggera non debba subire il brusco risveglio di una guerra non dichiarata capace però di seminare morte e malattia. Del resto il virus, benchè lungamente descritto, non  si vede: non è come in guerra o durante un terremoto, quando il fragore delle esplosioni, o il sordo tremolio del terreno risvegliano bruscamente la nostra percezione. Non è così per il virus: le lunghe giornate di un'estate particolarmente gradevole si susseguono a quelle di una tiepida primavera e preannunciano l'autunno. Le spiagge assolate danno una sensazione gradevole, mentre le notte è bello intrattenersi con gli amici, percorrere le strade del turismo di massa e accedere  a un meritato riposo fatto di incontri e di vita. Difficile pensare che tutto questo debba essere regolato e, talvolta, inibito. 

Un 'altra proposizione  che va in questa direzione è la seguente: "Io non conosco nessuno che si sia ammalato in seguito al Covid". Si tratta, in questo caso, di un'euristica della disponibilità la cui caratteristica, è, ancora una volta, di evitare il concetto e di legittimare l'idea che il Covid, forse, non esiste nemmeno. Come se io dicessi. "Non conosco nessun turco, quindi la Turchia non esiste". Ancora una volta, l'obiettivo vero è quello di non rinunciare a nulla del proprio benessere e della propria spensieratezza. 

E, per mantenere intatta la propria colpevole ingenuità, l'ultima cosa che occorreva era la strategia proiettiva di accusare coloro che invitavano alla prudenza di essere preda della paura e di paranoie insensate. In altri termini, trasmettendo i propri tratti nevrotici su soggetti che invece avevano un buon contatto con la realtà, i nostri spensierati vicini, si costruivano un altro alibi. Come quello bellissimo nella sua disarmante follia, di suggerire che degli psicologi dovessero andare nelle scuole a curare coloro che manifestassero paura nello stare in classe senza alcuna seria manovra di protezione. Come se ci fosse un autobus diretto verso il baratro e qualcuno, sull'autobus, mi proponesse di analizzare i miei sogni per disassuefarmi alla paura: io voglio che si fermi l'autobus, non che mi si tolga la paura!  

Il paradosso terribile di questi ragionamenti è che arriva poi un drammatico momento di risveglio: un momento nel quale la negazione non è più possibile. Il virus attacca il corpo, ricomincia il suo cammino e, di contagio in contagio, non trova resistenza nè argini. In questo modo quindi, proprio coloro che negavano l'esistenza della malattia, che ne auspicavano una risoluzione, ahimè, troppo prematura, che ne sottovalutavano le conseguenze, divengono i principali agenti della diffusione e, in fondo, i veri responsabili delle drastiche misure di contenimento che volevano evitare.  


 

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