L'epoca del ritiro, quinta parte: Se non chiuderemo le scuole avremo un altro lockdown
Questo paese non può sopportare un nuovo lockdown. Non lo
può fare economicamente, non può farlo sul piano del controllo psicologico e
sociale. Ci troveremmo di fronte a fenomeni di conflitto e di irrazionalità
sociale degni delle narrazioni manzoniane.
Ma perché far ripartire le scuole è così pericoloso?
In fondo, si potrebbe dire, hanno aperto fabbriche e
supermercati, farmacie e aziende, negozi e discoteche…. Ecco, proprio l’ultima
di queste parole, quella che si riferisce alle discoteche, deve farci
riflettere. Ci si accorge subito che fra le discoteche e tutti gli altri luoghi
c’è una certa differenza. Ma qual è? Da un punto di vista tecnico
ingegneristico non riusciamo ad individuarla. Rimanendo in quella logica sarebbe
piuttosto semplice aprire una discoteca in sicurezza: si chiama un ingegnere,
si fa in modo che lui tracci delle croci nella zona dove si balla (croci distanziate
l’una dall’altra di almeno due metri) così che poi i clienti si possano collocare
ognuno, biblicamente, sulla, sua croce e cominciare a ballare, Tecnicamente è
tutto a posto. Cos’è che non funziona? Diremmo tutti facilmente che a non
funzionare è l’aspetto relazionale. Nessuno va in discoteca per mettersi sulla
croce a ballare isolato dagli altri: la discoteca presuppone il contatto fra i
corpi, eventualmente il loro incontro, favorito dalla perdita di controllo indotta
da una certa dose di alcool e, forse, da qualche altra sostanza. Se si sottrae
all’esperienza della danza il suo rituale fatto di discontrollo e di abbandono,
nulla di quell’esperienza è interessante. Detto in altri termini, quello che è
pensabile per un ufficio, luogo nel quale degli adulti razionali, sono ben
capaci di tendere le distanze e non pensano all’abbandono e all’obnubilamento, non
è assolutamente ipotizzabile in una discoteca, luogo nel quale l’essenziale è
proprio la perdita di controllo. Perciò delle due l’una: o il Covid non esiste,
o le discoteche van chiuse.
Cosa dire ora delle scuole? Sono come gli uffici o come le
discoteche? In realtà non sono paragonabili né ai primi né, ce lo auspichiamo, alle
seconde. Tuttavia, una scuola è un luogo di incontro e di relazione: i ragazzi
che le frequentano non sono degli impiegati negli uffici. Sono dei giovani che
incontrano i loro amici, che intessono relazioni, che entrano spesso in
contatto che condividono corridoi e bagni, che godono di spazi di socializzazione
negli intervalli e nei cambi d’ora, che si assembrano all’uscita e all’entrata.
Le scuole sono un posto ove i ragazzi sostano per sei ore o, nel caso dei
bambini, anche per otto. Nemmeno il più severo dei modelli educativi di un
secolo fa, prevedeva un vero e proprio distanziamento fra i ragazzi. E’ per
questa ragione che ogni anno le scuole sono un formidabile veicolo di
diffusione delle influenze stagionali. I ragazzi vanno a scuola, se la
prendono, stanno casa e poi tornano sui banchi: col Covid la faccenda è un po’
diversa e le conseguenze per le famiglie sarebbero drammatiche. Si possono
chiamare tutti gli ingegneri del mondo, mettere lastre in plexiglas, applicare
ai banchi delle belle rotelline, diluire gli ingressi. … resta il fatto che a
scuola non è possibile immaginare alcun distanziamento concreto. Questo
significa che le scuole, come sta avvenendo in Germania, diverranno un perfetto
centro di diffusione della pandemia e questo aumenterà enormemente il rischio
di un nuovo blocco di tutte le attività, nonché, ovviamente, un triste
conteggio dei morti e di coloro che, pur guariti, finirebbero per essere degli invalidi.
Alcuni personaggi hanno sostenuto in modo un tantino
stucchevole, che la didattica a distanza non va bene perché la scuola è
relazione e senza la relazione vera e propria non c’è percorso educativo
possibile. In realtà questo esempio di negazione nevrotica ai limiti del
diniego, dovrebbe proprio farci capire che le scuole non vanno aperte. Se
infatti la scuola è relazione e se il Covid si diffonde grazie alle relazioni,
allora proprio per questa ragione le scuole vanno chiuse.
Sappiamo tutti che non è bello, ma il fatto è che quando c’è una pandemia grave, le relazioni fra gli esseri umane devono essere limitate all’indispensabile.
Sembra che la didattica a distanza non abbia
prodotto danni gravi ai ragazzi né sul piano formativo né su quello
psicologico. Qualche mese ancora con questa strategia è certo meno dannoso di
ciò che accadrebbe se tornassimo ai tempi dello scorso inverno
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