L'epoca del ritiro: settima parte. E se, riaperte le scuole a giugno, le chiudessimo per tre settimane a marzo?

 


 

Dentro questa immane tragedia che miete e mieterà vittime ancora per molto tempo una pericolosa guerra fra poveri sta dilaniando il mondo della scuola.

Le due fazioni che si scontrano sono costituite da coloro che vogliono, costi quel che costa, mantenere sempre la didattica in presenza e coloro che invece vorrebbero una formazione a distanza fin tanto che i rischi di contagio non siano diminuiti.

Ognuno ovviamente ha le sue ragioni, ma come spesso accade è difficile ascoltare le ragioni degli altri così i favorevoli al rientro accusano gli altri di essere degli scansafatiche mentre i secondi ribattono che i primi sono dei negazionisti e degli untori. In questo modo le fazioni si militarizzano e ne emerge uno scontro generazionale tra giovani che vogliono vivere sapendo di essere piuttosto immuni e anziani che non vogliono ammalarsi, fra madri che insistono per portare a scuola i loro figli e altre madri che, preoccupate, li tengono a casa. Gli interessi economici e mediatici cavalcavano entrambe queste fazioni a seconda della loro convenienza.

E se, avendo deciso di aprire a giugno, chiudessimo a marzo?

1.      Chiudere le scuole in questo periodo mette al sicuro ragazzi, famiglie e insegnanti rispetto al rischio di contagio, tanto più ora, quando molte varianti del virus presentano aspetti più diffusivi.

2.      Con le scuole chiuse diminuisce la movimentazione sui mezzi di trasporto e si riduce ulteriormente il rischio di diffusione del virus nelle città (naturalmente in un contesto nel quale anche altre attività siano sospese).

3.      In questo periodo la vaccinazione di massa è appena cominciata e non è ancora in grado di costituire una immunità di gregge; a giugno le cose, da questo punto di vista, dovrebbero essere migliorate.

4.      Facendo lezione a giugno  gli studenti non perderebbero giorni di lezione.

5.      Non sarebbe difficile, nei mesi che ci separano da giugno, vaccinare il personale della scuola e gli studenti over sedici

6.      In ogni caso nei mesi caldi la diffusione del virus rallenta e diviene possibile far lezione con le finestre aperte

7.      In questo mese di pausa gli studenti e i docenti potrebbero dedicarsi al recupero degli apprendimenti e al potenziamento delle conoscenze senza sottoporsi a troppe verifiche e gli insegnanti, utilizzando in modo libero i metodi della didattica a distanza potranno aiutarli a recuperare e ad approfondire le loro conoscenze nelle varie discipline. Alla fine, avremo studenti più preparati e un minor numero di malati.

8.      Infine, si potrebbe garantire agli studenti che raggiungessero in anticipo gli obiettivi e che avessero dei voti buoni, la possibilità di interrompere prima la partecipazione alle lezioni e questo funzionerebbe come rinforzo positivo (in realtà tecnicamente è un rinforzo negativo, ma qui non posso dilungarmi).

Ecco ora i motivi per cui la cosa non sarà accettata:

1.      Molti docenti non ne vorranno sapere di barattare un periodo di ferie estivo con questa pausa invernale (ma è vero che la prosecuzione a giugno ci sarà comunque).

2.      Molte famiglie che tanto si lamentano per gli effetti deleteri della mancanza didattica in presenza non vogliono affatto che le loro ferie siano compromesse: a marzo bisogna per forza essere in classe, a giugno invece la sola idea della didattica, in presenza, altrimenti auspicata ed enfaticamente richiesta, diviene insopportabile.

3.      Molti ragazzi che soffrono per la mancanza di socializzazione (ed è una sofferenza autentica che comprendo molto bene) e per questo agognano il ritorno a scuola, non agognano affatto l’idea di sedersi sui banchi a giugno, neppure se sotto quei banchi ci sono tante belle rotelle (e per gigno le rotelle non mancheranno).

Come è facile evincere, le ragioni per cui questa proposta non può essere presa in considerazione sono molto più forti di quelle che la sostengono. Mi si chiederà: se sei convinto di questo perché hai scritto ugualmente questo post? Ecco i motivi.

1.      Ci sono in ballo vite umane e mi sembra doveroso provare comunque

2.      Sono convinto che potrei riuscire, se non altro, a smascherare qualche anima candida.

Che cosa sono le anime candide? Le anime candide sono un’elevazione al quadrato delle anime belle nel senso che Hegel attribuisce a questo termine: quei soggetti che si fanno portavoce di valori astratti ma che non hanno il coraggio e la capacità di pensiero per confrontare questi stessi valori con la concretezza della vita. Sono, per usare le parole di Lacan “causa del disordine che denunciano”. Nello specifico, le anime candide a cui penso sono bambine di sesso maschile dai sessanta anni in su che pontificano sui valori della scuola, sul bisogno relazionale di adolescenti e bambini, sull’insegnamento come contatto umano, sull’importanza per i giovani della vicinanza mostrando come questi elementi siano del tutto irrinunciabili e prioritari anche a costo di sacrificare vite umane e ignorando totalmente la grave situazione pandemica nella quale siamo costretti a vivere. Tutti costoro dovrebbero aderire con entusiasmo alla proposta che abbiamo presentato perché essa non fa perdere un’ora di scuola ai ragazzi, favorisce i loro incontri relazionali nelle aule e mostra l’alto valore dell’insegnamento e della relazione didattica a scuola (a giugno  i ragazzi si incontreranno, socializzeranno, recupereranno gli insegnamenti perduti rinunciando soltanto a un po’ di tintarella e a marzo faranno recupero individualizzato).

Quando invece si opporranno, e ovviamente si opporranno tutti, capiremo bene che gli alti valori di cui costoro si ammantano, di fronte alla prospettiva di andare in classe a giugno, si scioglieranno come neve al sole e diverrà chiara l’inqualificabile, astratta, ipocrisia di queste bambine (ultrasessantenni e di sesso maschile).

 

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